Giuseppe Verdi - LES SAISONS. Divertissement d'après "Les vêpres siciliennes"

Giuseppe Verdi - Les Saisons

Carlo Fumagalli - Messa solenne da "Giovanna di Guzman"

Paolo Bottini, organo

1 c.d. «Fugatto»

 copertina cd verdi saisons bottini da vinci classics

 

Giuseppe Verdi

LES SAISONS

Divertissement d'après "Les vêpres siciliennes"

Carlo Fumagalli

Messa solenne da "Giovanna di Guzman"

Paolo Bottini, organ 

 

1 c.d. Da Vinci Classics

 
 

 

Presentazione a cura di Paolo Bottini:

 

Eseguire all’organo pezzi concepiti per l'orchestra del teatro d'opera è certamente un giocare al ribasso: partendo dalla riduzione pianistica ufficiale (in questo caso è stata utilizzata l'edizione Ricordi dell'epoca) bisogna fare della partitura orchestrale un sunto che senza dubbio sacrifica qualcosa, cercando comunque di imitare fin che possibile il colore degli strumenti dell'orchestra, o quanto meno il costrutto essenziale dell'impalcatura, grazie alle risorse foniche di un organo, il quale ha comunque una marcia in più rispetto al pianoforte. Infatti il gioco è facilitato, dacché gli strumenti a canne ottocenteschi di scuola lombarda, grazie alle innovazioni introdotte negli ultimi due decenni del Settecento dalla celeberrima ditta Serassi di Bergamo, erano pensati proprio per imitare gli strumenti a fiato dell'orchestra e della banda (flauto traverso, ottavino, oboe, fagotto, tromba, corno da caccia, clarinetto, corno inglese, viola) e «non solo qualunque stromento da fiato e da arco, ma anche li tanto variati accenti della moderna musica, come li piano, forti, sforzati, li crescendo, diminuendo ecc., per cui l’organo può dirsi il vero rappresentante l’orchestra»1. Per questo forse potrà pienamente godere dell'effetto sorprendente dell'organo-orchestra l'ascoltatore di questa registrazione che non conoscerà affatto l'originale versione orchestrale delle Stagioni, musica composta da Giuseppe Verdi per il balletto che è parte integrante dell'opera Les vêpres siciliennes rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1855: solo, infatti, il fine conoscitore della «sobriété savante de l’instrumentation»2, operata da Verdi nella sua partitura orchestrale, potrà fare debiti confronti ed eventualmente censurare impietosamente la versione organistica, giocoforza impossibilitata a riprodurre pedissequamente le risorse polifoniche e gli amalgami strumentali di una vera orchestra! Nonostante ciò – mi si consenta – non è del tutto sgradevole il risultato della trasposizione organistica, proprio per l'intrinseca vocazione “orchestrale” dell'organo a canne «istromentato»3, cioè arricchito di registri atti ad imitare il suono degli strumenti dell'orchestra. Certo, bisogna pur tenere in considerazione la partitura orchestrale originale per cercare di avvicinarsi il meglio possibile all'effetto primigenio, e per questo «è necessario che l'organista possegga a fondo la musicale Composizione, ed abbondi di tutto quel genio che fa d'uopo, e che necessariamente di richiedere per distinguersi con lode, e far soprattutto spiccare sifatto magnifico strumento»4.

Lo stimolo a suonare all'organo repertori non specificamente organistici anche nel nostro tempo è giustificato dal fatto che durante l'Ottocento si diffondeva viepiù l'uso dello stile teatrale da parte degli organisti, più o meno titolati, nell'ambito del culto divino: ebbene sì, l’opera a messa, con ben poco scandalo, costituiva la colonna sonora delle domeniche del popolo del «bel paese là dove ’l sì suona»5. Per questo gli editori di musica offrivano agli organisti pratiche trascrizioni-adattamenti, di varia difficoltà, che trasformavano più o meno celebri pagine d’opera in malcelate pie versioni liturgiche. Così, dopo i trionfi rossiniani, belliniani e donizettiani, arriva il successo anche per Giuseppe Verdi, le cui melodie varcano subito anche la soglia dei sacri templi: un’Elevazione poteva esser accompagnata con l’aria «Di Provenza il mar, il suol» o addirittura con la cabaletta «Di quella pira l’orrendo foco», oppure «Alla vita che t’arride» si prestava candidamente per rivestire il momento dell’Offertorio; o ancora, un trasfigurato «Amami, Alfredo» diventava un solenne Te Deum, e così via...

Un esempio di questa letteratura organistica, parallela al mondo dell'opera, lo possiamo qui ascoltare nei pezzi realizzati da Carlo Fumagalli (1822-1907) sopra melodie «del celebre Verdi» tratte dall'opera Giovanna di Guzman (titolo della versione censurata de Les vêpres siciliennesper la prima italiana a Parma il 26 dicembre 1855)6: Fumagalli non fa che prendere le melodie verdiane e le arrangia, cucendole con episodi originali, utilizzando una scrittura sostanzialmente abbordabile anche da parte di esecutori modesti7.

Duplice, dunque, nel corso dell'Ottocento in Italia, il filone della musica organistica d'ispirazione operistica, rappresentato in questa registrazione proprio dai due gruppi (le Stagioni di Verdi e la Messa solenne di Fumagalli su temi verdiani): da una parte le riduzioni pianistiche di pagine orchestrali messe sul leggìo dell'organo ed arrangiate pressoché estemporaneamente8con aggiunta dei bassi d'armonia suonati con la pedaliera e mediante la “concertazione” ovvero l'utilizzo dei più adeguati mescolamenti fonici grazie all'oculata scelta dei registri disponibili di volta in volta negli organi; dall'altra, una riduzione espressamente dedicata all'organo che può essere la trascrizione di una pagina d'opera o anche l'arrangiamento più o meno libero ispirato a temi musicali d'autore.

L'ascoltatore potrà qui gustare le capacità coloristiche di due strumenti che Giuseppe Verdi avrebbe sicuramente potuto suonare o quanto meno ascoltare dal vivo. Anzi, se Croce Santo Spirito è sulla strada che da Sant'Agata (ove il «paesano delle Roncole»9prese dimora assieme alla sua Giuseppina Strepponi nel 1851) porta a Cremona (strada che si sa percorsa da Verdi in calesse quando si recava al mercato all'ombra del Torrazzo), l'organo oggi installato nella chiesa di Saliceto di Cadeo era in origine collocato nella vicina Cortemaggiore e, dato che Saliceto era il paese natale della mamma di Verdi, Luigia Uttini, non è sconveniente ipotizzare un interessamento diretto del Maestro affinché lo strumento venisse traslato nel 1861 dalla basilica collegiata di Santa Maria delle Grazie della citata cittadina (per la quale venne edificato nel 1778 da Giovanni Cavalletti) fino a pochi chilometri nella parrocchiale di Saliceto, ove venne adattato alle ben più modeste (benché notevolmente risonanti) dimensioni dell'edificio ad opera dell'organaro Cesare Gianfré. Si tramanda che Verdi, frequentando spesso la Collegiata di Cortemaggiore, ivi contemplando la tela di Francesco Scaramuzza (1803-1886) che rappresenta “La resurrezione di Maria” (in cui la Madonna è assunta in cielo da una schiera di angeli), abbia trovato l'ispirazione per comporre la celebre melodia del coro «La vergine degli angeli» nell'opera La forza del destino. Comunque sia, i contatti di Verdi con parenti e conoscenti a Saliceto sono ampiamente attestati dalla studiosa americana Mary Jane Phillips-Matz10. Ma anche la possibilità che Verdi a Croce Santo Spirito abbia conosciuto l'organo eretto nel 1865 dai noti organari pavesi Lingiardi, è avvalorata dal fatto che il giovane compositore già nel 1837 fu assoldato dall'arciprete di colà, don Luigi Sterzi, per solennizzare in musica (con l'attestata esecuzione della sua Messa solenne – dagli stesso diretta alla testa dei Filarmonici di Busseto – ritrovata dal musicologo bussetano Dino Rizzo ed incisa per la prima volta da Riccardo Chailly per la Decca nel 2001) la messa della sagra parrocchiale in onore della Madonna del Rosario la seconda domenica di ottobre di quell'anno.

Forse i melomani lo sanno bene, ma credo non molti organisti sono a conoscenza del fatto che Verdi mette in scena l'organo per connotare scene di argomento religioso (ovviamente), ma anche per ottenere effetti drammaturgici (l'uso di un clusterdi tre note gravi suonate dal registro di Contrabbassi dell'organo per ottenere il potenziamento dell'effetto-uragano nell'esordio di Otello). Tali passi si trovano nelle seguenti opere: I Lombardi alla prima crociata (1843), Giovanna d’Arco (1845), La battaglia di Legnano (1849), Luisa Miller (1849), Stiffelio (1850), Il trovatore (1853), Simon Boccanegra (1857), La forza del destino (1862) e il citato Otello (1887)11. Non ci è dato sapere, invece, se Verdi abbia mai composto musiche per organo solo, ma non è da escludere, dato che appena decenne era in grado di divenire il successore dell’organista della chiesa del suo paese, Le Roncole di Busseto, cosa che per il giovinetto, nonché per il di lui padre, costituiva motivo di grande orgoglio! C’è da chiedersi, inoltre, se il promettente giovane musico avrebbe avuto modo di proseguire gli studi a Milano e a divenire quel Verdi operista che oggi il mondo celebra, se invece nel 1829 avesse vinto il concorso per il posto di organista titolare della chiesa di Soragna (invece la sua candidatura nemmeno venne considerata, data l’età troppo giovane e dunque ritenuto di non provata esperienza).

Può tornare forse utile all'ascoltatore leggere la sinossi di presentazione del balletto delle Saisons:

 

Si rappresenta davanti alla Corte di Palermo il ballo delle Quattro Stagioni. Un canestro sorge da terra; è formato d'arbusti verdi di piante che non crescono che d'inverno; le loro foglie sono coperte di ghiaccio e di neve. Dal seno del canestro esce una giovinetta che rappresenta l'inverno, e che, respingendo col piede il braciere che le sue compagne avevano acceso, danza per riscaldarsi. I ghiacci si sciolgono tosto al tiepido soffio dei zeffiri che fendono l'aria. L'Inverno è scomparso. La Primavera sorge da un canestro di fiori, cedendo poco dopo il luogo all'Estate, giovinetta che esce da un canestro circondato da manipoli di spighe dorate. Il caldo la opprime e domanda alle Najadi la freschezza delle loro sorgenti. Le Bagnanti sono messe in fuga da un Fauno che salta fuori, precedendo l'Autunno. I suoni del sistro e dei timballi annunziano i Satiri e le Baccanti, le cui danze animate terminano il Ballo.

 

E per chi volesse avere la parvenza di assistere ad uno spettacolo coreutico, ecco a seguire le didascalie che punteggiano la partitura pianistica nella edizione Ricordi:

 

L'INVERNO [traccia 10, 0:00] Entrata del dio Giano, che presiede all'anno; [traccia 10, 1:27] Giano, con una chiave d'oro, apre la terra e dà vita alle stagioni. Sorge un canestro coperto di ghiaccio, da cui esce la prima stagione dell'anno, l'inverno; l'inverno, sotto forma d'una giovine donna, avviluppata entro pelliccie: dietro di essa, tre giovinette con fardelli. [traccia 11, 0:00] Esse tremano dal freddo.[traccia 12, 0:00] Una delle giovinette percuote con un pezzo di ferro una pietra che manda faville.[traccia 12, 0:09] Si accende il fuoco. [traccia 12, 0:29] Le giovinette si riscaldano ed invitan l'Inverno a venire presso di loro: questi vi si rifiuta.[traccia 12, 0:41] Il miglior mezzo di eccitare il calore è... [traccia 13, 0:00] la danza. LA PRIMAVERA [traccia 14, 0:00] I zeffiri svolazzano intorno al canestro di ghiaccio e col loro calore sciolgono i ghiacciuoli che circondano ancora il canestro. [traccia 14, 0:33] Da ogni parte sorgono mazzi di fiori, e dal mezzo di questi fiori sorge la primavera sotto forma d'una giovinetta. L'ESTATE [traccia 19, 0:00] I fiori spariscono. [traccia 19, 0:11] Il canestro si ricopre di bionde spighe.[traccia 19, 0:17] L'estate, sotto forma d'una giovinetta, sorge del mezzo dei covoni.[traccia 19, 0:31] Coglie le spighe. [traccia 19, 1:32] L'estate e le sue compagne vogliono danzare; ma fa troppo caldo. [traccia 19, 2:00] Il caldo le opprime. [traccia 20, 0:00] Le giovani Najadi escono dal canestro con lunghe sciarpe di velo verde, imitando le acque. [traccia 20, 0:14] L'estate e le sue compagne imitano l'azione del nuoto. [traccia 20, 0:39] La giovinetta vuole bagnarsi. L'AUTUNNO [traccia 21, 0:00] Esce una giovine. [traccia 21, 0:08] Spavento delle giovinette. [traccia 21, 0:10] Stupore del Fauno. [traccia 21, 0:18] Le giovinette spariscono, il Fauno le segue. [traccia 21, 0:28] Si odono suoni giulivi da lontano; il Fauno ascolta attentamente. [traccia 21, 0:35] Il canestro si copre di frutti e di ceppi di vite. [traccia 21, 0:41] Il Fauno gira e rigira intorno al canestro, e finisce col salirvi sopra. [traccia 21, 0:48] Egli schiaccia i ceppi di vite e scopre l'autunno e le sue compagne. [traccia 21, 0:54] Sorpresa.

 

NOTE:

1 Giovan Pietro Calvi, Istruzioni teorico-pratiche per l’organo e singolarmente sul modo di registrarle, 1833.

2 Così Hector Berlioz poco dopo una rappresentazione dei Vespri Siciliani a Parigi; Théâtre de l’Opéra [...] «Les Vêpres siciliennes», feuilleton del «Journal des Débats», 2 ottobre 1855; citato in Michele Girardi, Verdi e la rivoluzione: «I Vespri siciliani», in I Vespri siciliani di Verdi, Torino, Teatro Regio, pp. 17-30.

3 Ovvero munito di registri atti ad imitare il suono degli “strumenti” dell'orchestra; così il Calvi nel suo citato trattato.

4 Carlo Gervasoni, Lezioni d'organo, in La scuola di Musica, Tip. Nicolò Orcesi, Piacenza 1800; citato in Carlo Gervasoni, Lezioni d’organo, a cura di M. Machella, Armelin Musica, Padova 1997.

5 Dante Alighieri, Inferno, canto XXXIII, verso 80.

6 Dopo i moti rivoluzionari del 1848 non era certamente possibile mettere in scena la storia di una rivolta armata di popolazioni italiane!

7 Migliaia gli organi nelle chiese, quanto pochi coloro che potevano accedere agli studi musicali accademici; questi ultimi, tra l'altro, per quanto riguarda l'organo, hanno esordito ufficialmente in Italia solo nel 1846 presso il Conservatorio di Milano grazie a Francesco Almasio (1806-1871).

8 In proposito l'organista e compositore Giuseppe Arrigo (1838-1913), nel suo Trattato teorico-pratico per organo, raccomanda che «Allorquando si eseguirà una composizione scritta per Piano-forte, occorrerà sull’organo semplificarne i movimenti dello accompagnamento, e sopra tutto rivoltare gli accordi, sicché non si oltrepassi mai l’estremo limite ai registri bassi assegnato». È opportuno ricordare che la maggior parte degli organi dell'epoca erano muniti di unica tastiera, la quale era, circa nel mezzo, ripartita di modo che alcuni registri potessero suonare parti solistiche esclusivamente nella regione “soprani” senza interferire con altri che nella regione “bassi” fungevano primariamente da accompagnamento.

9 «Sono stato, sono e sarò sempre un paesano delle Roncole» (Verdi a Giulio Ricordi, 1863).

10 (Lebanon, Ohio, 30 gennaio 1926 – New York, 19 gennaio 2013), autrice del volume Verdi, il grande gentleman del Piacentino, Banca di Piacenza, Piacenza 1992.

11 Per un approfondimento: Paolo Giorgi, «L’onda de’ suoni mistici». La presenza dell’organo nelle opere liriche di Giuseppe Verdiin «L'organo ch'io suonai fanciullo»: l’organo di Giuseppe Verdi a Roncole, Associazione Culturale Giuseppe Serassi, Guastalla 2014; Eduardo Rescigno, Dizionario verdiano: le opere, i cantanti, i personaggi, i direttori d’orchestra e di scena, gli scenografi, gli impresari, i librettisti, i parenti, gli amici, BUR, Milano 2001, pp. 385-386.

 
 

Il c.d. è acquistabile direttamente sul sito internet della casa discografica DA VINCI CLASSICS

 

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Recensione di Frédéric Mugñoz su ResMusica.com:

 

Il mondo dell'organo romantico italiano è affascinante. Ha prodotto una moltitudine di strumenti che ancora oggi suscitano ammirazione. In Francia, a seguito dell'Antico Regime e dall'inizio del XIX secolo, abbiamo visto un periodo intermedio chiamato "transizione", prima dell'arrivo dei grandi costruttori di organi sinfonici come Cavaillé-Coll, Puget o Merklin..., che hanno offerto organi dai colori schietti e variopinti, ancora impressi nel Settecento e arricchiti da sonorità imitanti gli strumenti dell'orchestra. L'organo italiano dell'epoca segue le stesse regole, conservando l'antico Ripieno arricchito dai famosi registri cosiddetti “da concerto”. 

Grandi famiglie di organari come i Serassi, i Lingiardi o i Bianchi costruiscono un gran numero di strumenti in tutta Italia su questi principi orchestrali. Siamo felici di scoprirne qui alcuni firmati Lingiardi e Cavalli. Grazie alle loro qualità orchestrali, la musica di Verdi trova facilmente il suo posto in questo universo colorato e molto teatrale. Scopriamo "Le Stagioni", "divertissement" basato sull'atto III dei Vespri Siciliani. Trascritte per pianoforte, queste quattro stagioni distillano bellissimi sfumature contrastanti rivelate dai caratteri sinfonici dell'organo. È un balletto composto da vari quadri nelle quattro stagioni, nei quali l'ascoltatore si lascia trasportare e ammaliare, come nell'opera.

L'esecuzione della musica romantica italiana su questi specifici strumenti richiede una conoscenza approfondita dell'arte della registrazione dei vari registri messi a disposizione dell'esecutore. Alcuni compositori, come Vincenzo Petrali, hanno indicato nelle loro opere sapienti combinazioni, la cui conoscenza è indispensabile per una corretta manipolazione e una resa convincente. Paolo Bottini, cremonese di nascita e organista a Castelvetro Piacentino [presso Cremona], è uno specialista del settore e ben informato su queste pratiche. Oltre ai suoni molto riconoscibili di questi organi, alcuni accessori ravvivano il discorso: rullo di timpani, campanelli, piatti e grancassa.

Oltre al programma, giudiziosamente, l'organista ci propone musiche di un certo Carlo Fumagalli, fratello del più noto Polibio Fumagalli. Contemporaneo di Verdi, fu sedotto dalla sua musica al punto da scrivere, tra l'altro, una messa solenne [sopra temi tratti dall'opera] “Giovanna di Guzman" [versione italiana de "Les vêpres siciliennes"] che dispiegava i vari versetti nei momenti cruciali della messa. All'ascolto si resta un po' stupiti di fronte a tale linguaggio, così "divertente" in una liturgia. Eppure l'ascoltatore è sedotto, come si può immaginare, allo stesso modo di allora, perché i parrocchiani amavano trovare in chiesa la stessa atmosfera popolare e la stessa musica dell'opera. L'effetto è assicurato: questa è musica d'impatto efficace e gioiosa.

Grazie alla chiarezza di questi organi, all'esecuzione brillante e giocosa di Paolo Bottini, e alle musiche molto piacevoli e ben scritte per l'occasione, questo disco è lo specchio di un mondo incantato che si credeva perduto e che una produzione del genere fa rivivere. [traduzione dal testo in francese di F. Muñoz su ResMusica.com

 

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Recensione di Alberto Pedretti su Organi & Organisti

 

 

 

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